Le spugne: filtri viventi del mare.

Struttura del corpo delle spugne

Fig.1: Una splendida spugna dei Caraibi

Cominceremo lo studio delle caratteristiche fisiche e delle abitudini di vita degli organismi marini, da un gruppo di animali dall’organizzazione strutturale alquanto semplice, le spugne, che un po’ più scientificamente definiremo come Phylum dei Poriferi.
Si tratta di animali molto antichi, presenti anche in resti fossili risalenti addirittura al Cambriano, circa 500 milioni di anni fa. Vivono prevalentemente in mare, dalla costa fino a profondità elevate, ma esistono anche alcune specie d’acqua dolce. Possono essere da quasi trasparenti a vivacemente colorate e di forma variabile, con una simmetria raggiata o assente del tutto. Per semplicità, immagineremo una spugna tipica come una specie di anfora, che racchiude al suo interno una cavità (lo spongocele) comunicante con l’esterno tramite un’apertura più o meno circolare chiamata osculo (vedi Fig.2).

Fig.2: Sezione schematica di una tipica spugna ascon

Sono organismi pluricellulari costituiti cioè da numerose cellule organizzate a formare uno strato esterno che riveste la spugna e da uno interno che tappezza invece lo spongocele: i due strati sono separati da un materiale gelatinoso che prende il nome di mesoglea in cui si trovano sparse poche cellule e le spicole, gli elementi base dello scheletro, l’impalcatura che sorregge la spugna. Mentre lo strato cellulare di rivestimento esterno è costituito da semplici cellule appiattite (i pinacociti), notevolmente più interessante si presenta quello che riveste lo spongocele ed è formato da cellule molto particolari chiamate coanociti. Queste cellule hanno una forma alquanto curiosa: una sfera sormontata da un collare cilindrico, all’interno del quale è situato un lungo flagello, una sorta di frustino che la cellula può far muovere vorticosamente. Se torniamo all’esempio dell’anfora ed immaginiamo che centinaia di queste cellule tappezzino la sua parete interna ed i loro flagelli si muovano contemporaneamente, ci apparirà chiaro che il liquido contenuto all’interno dell’anfora tenderà ad uscire dall’apertura verso l’esterno. Questo è l’ingegnoso sistema che le spugne hanno escogitato per nutrirsi: l’acqua uscita dallo spongocele infatti crea un risucchio che trascina altra acqua dall’esterno verso l’interno della spugna attraverso una miriade di forellini che sono sparsi in tutto il suo corpo e sono formati da cellule cilindriche cave dette porociti (vedi Fig.3). L’acqua in entrata trascina con sé un carico molto prezioso: ossigeno per respirare e minuscole particelle di cibo (batteri, alghe microscopiche e detriti organici).

Fig.4: Sezione schematica di una spugna di tipo sycon
Fig.3: Sezione schematica della parete del corpo di una spugna ascon

Queste restano intrappolate nelle sottili estroflessioni cellulari che formano il collaretto dei coanociti, vengono fagocitate da questi e quindi digerite o distribuite alle altre cellule del corpo. Ciò che non viene digerito viene espulso nello spongocele e da qui all’esterno, trascinato dalla corrente d’acqua insieme agli scarti del metabolismo, alle uova e agli spermatozoi.
Le spugne viventi presentano tre diverse strutture corporee di base, di crescente complessità che sono chiamate, a partire dalla più semplice, ascon, sycon e leucon. La differenza tra queste forme sta nel fatto che mentre le spugne ascon sono identiche all’anfora dei precedenti esempi (Fig.1), le spugne sycon (vedi Fig.4) presentano la parete dello spongocele caratterizzata da introflessioni che formano nicchie in cui risiedono i coanociti. Le spugne leucon invece raggiungono una complessità tale che nella loro parete del corpo si creano numerosissime camere di filtrazione tappezzate dai coanociti che sboccano in canali che si aprono all’esterno con uno o più osculi (vedi Fig.5).

 

 

 

Lo scheletro: pizzi e merletti tridimensionali

Fig.6: La formazione di una spicola

Il corpo molle delle spugne è sostenuto da numerose minute spicole cristalline o da fibre organiche organizzate a formare una sorta di scheletro. Le spicole hanno dimensioni e forme alquanto varie e la loro composizione chimica può essere di carbonato di calcio (lo stesso che incontreremo parlando degli scheletri dei coralli) oppure di materiale siliceo, una specie di vetro. A produrre le spicole sono cellule specializzate: gli scleroblasti.

Fig.5: Sezione schematica di una spugna di tipo leucon

La forma più semplice di spicola è quella a bastoncino, ma ve ne sono di complessità via via crescente, da quelle a forma di Y a quelle a forma di stelle, asterischi e così via. Il processo di formazione inizia all’interno di uno scleroblasto, quando (vedi Fig.6) lungo il suo asse maggiore viene prodotto un filamento di natura organica attorno al quale viene depositato carbonato di calcio: successivamente lo scleroblasto si dividerà in due cellule delle quali una (cellula fondatrice) continuerà ad allungare la spicola, l’altra (cellula di ispessimento) depositerà altro carbonato di calcio rinforzandola.Tutto questo processo avviene nella mesoglea e le spicole restano unite tra loro nel materiale gelatinoso che forma questa regione. Alla morte della spugna, con il disgregarsi della matrice organica della mesoglea, le spicole si separeranno ed andranno a far parte della sabbia organogena del fondo marino. Le spugne da bagno che tutti conosciamo, sono invece scheletri composti di spongina, una proteina prodotta da cellule denominate spongioblasti ed organizzata in fibre e non in spicole.

 

 

Riproduzione: gemme e sesso

La riproduzione può avvenire per semplice frammentazione dovuta a cause meccaniche (distacco di frammenti ad opera di un predatore etc.) oppure per gemmazione, che conduce alla formazione di piccole spugne attaccate o all’esterno del corpo della spugna madre oppure all’interno di essa. Nel primo caso dopo un certo periodo di tempo le giovani “spugnette” si staccano e si fissano sul substrato accrescendosi; nel secondo caso, le giovani spugne vedranno la luce soltanto alla morte della madre, quando la disgregazione del corpo di questa le libererà.

Fig.7: Sviluppo larvale semplificato di una spugna
Fig.8

La riproduzione sessuale avviene secondo modalità piuttosto curiose. In primo luogo la maggior parte delle spugne è ermafrodita, possiede cioè entrambi gli apparati riproduttori (maschile e femminile) nello stesso individuo.Gli spermatozoi maturi vengono portati all’esterno insieme alla corrente d’acqua in uscita dall’osculo e se hanno la fortuna di essere aspirati da un’altra spugna della stessa specie, verranno fagocitati dai coanociti e condotti alle uova che risiedono nelle vicinanze dei coanociti stessi: qui avviene la fecondazione. Dall’uovo fecondato nascerà una larva dotata di flagelli e quindi in grado di nuotare: questa larva, una volta giunta in un sito adatto al suo sviluppo, si fisserà al substrato e, mediante modalità diverse a seconda del tipo di spugna considerata, trasferirà le cellule flagellate al suo interno (i futuri coanociti), dando vita ad una spugna in miniatura che inizierà ad accrescersi (vedi Fig.7-8).

 

 

Una vita abbastanza tranquilla: pochi nemici e qualche ospite

Come abbiamo visto, le spugne sono animali fissi per gran parte della loro vita. Le specie più comuni si incontrano a bassa profondità, ma molte delle spugne con scheletri silicei sono state rinvenute anche in acque profonde o addirittura abissali. Forse per via dei loro scheletri o per gli odori sgradevoli che producono, raramente sono attaccate da altri animali, anche se, come ben sappiamo noi acquariofili, molti pesci (ad esempio i Pomacantidi) e i molluschi nudibranchi le includono nella loro dieta.
Avendo una forma spesso a tubo o vaso o comunque possedendo al loro interno delle cavità in comunicazione con l’esterno, spesso finiscono per ospitare delle comunità di organismi viventi in cerca di un rifugio tranquillo. Lo studioso A.S. Pearse rinvenne in una spugna grande come una vasca da bagno ben 17.128 animali: in prevalenza gamberetti, ma anche pesci ed altri animaletti.
Talvolta, alcune specie di granchi asportano frammenti di spugne viventi e se ne ricoprono letteralmente il corpo intero o parte di esso, acquisendo in tal modo una corazza mimetica e difensiva. Anche alcuni paguri decorano la loro conchiglia con spugne vive.
Da quando sono state scoperte le materie plastiche, l’uomo non è più un nemico importante per le spugne, in quanto la produzione di spugne sintetiche è di gran lunga più conveniente della raccolta massiccia in natura: una volta tanto!

Classificazione

Il Phylum Poriferi si divide fondamentalmente in tre classi:

  • CALCISPONGIE: con spicole calcaree formate da uno a quattro raggi;
  • ESATTINELLIDI: con spicole silicee a sei raggi spesso fuse in un reticolo continuo che crea strutture di rara bellezza;
  • DEMOSPONGIE: con spicole silicee o per lo più fibre di spongina: a queste appartengono le note “spugne da bagno”.

Conclusione

Dopo essere giunti alla fine di questo mini trattato sulle spugne, molti di voi proveranno un gusto particolare ad estirparle dalle rocce vive durante l’allestimento di un acquario marino (ricordando il tempo passato a leggere queste notizie!!!), molti altri, spero, avranno invece apprezzato e soprattutto guarderanno a quelle macchie incrostanti o sfere colorate apparentemente inerti attaccate alle rocce dei loro acquari, con un occhio diverso e magari anche con un certo rispetto, come certo meritano organismi dalla storia tanto antica.

Testo e disegni: S. Raisoni
Foto: L. Ravelli.

Ancora delle splendide spugne dalle forme più varie fotografate nel Mar dei Caraibi.

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